Come comportarsi se si vede un cane chiuso in auto con il caldo
Se si vede un cane rinchiuso da solo in un'auto al sole bisogna intervenire: un animale chiuso in macchina rischia di morire.
Lasciare incustodito il proprio cane in auto, durante le calde giornate estive, è un reato punito dalla Legge: la temperatura interna dell'abitacolo sale in fretta, anche se si tengono i finestrini abbassati e l’animale può rischiare.
Infatti nell’abitacolo di un auto sotto al sole si superano i trenta gradi di temperatura molto rapidamente e bastano anche solo dieci minuti perché un cane vada in contro ad un esito fatale.
Il proprietario molto probabilmente sarà denunciato per maltrattamento e l'animale verrà immediatamente sequestrato.
Se si vede un animale rinchiuso da solo in un'auto al sole è bene cercare il proprietario nei paraggi: è possibile che si trovi momentaneamente in un negozio. Purtroppo come molti casi di cronaca dimostrano il padrone del cane non è quasi mai reperibile e in tal caso è necessario intervenire.
E’ fondamentale chiamare subito, con una telefonata diretta al 112 o al 113, le forze dell'ordine o i vigili urbani chiedendo che intervengano ed eventualmente contattare il veterinario più vicino. Nel frattempo si deve cercare di creare ombra mettendo dei giornali sul parabrezza e, se possibile, gettare acqua sulla vettura.
Solo se l'animale appare in pericolo di vita si può sfondare il finestrino, o meglio, se le forze dell'ordine tardano ad intervenire e l'animale all’interno dell'automobile appare agonizzante e quindi in pericolo di vita, si può sfondare il finestrino.
L'azione di sfondamento del finestrino per salvare un animale viene ritenuta legittima in base all'art. 54 del codice penale che, in questi casi, riconosce lo " stato di necessità ".
Colpo di calore
Se il cane ha un colpo di calore occorre abbassare immediatamente la temperatura corporea, per bagnandolo e spostandolo in un luogo più fresco.
http://www.inforicambi.it/mondo/2013/01/trasportare-un-cane-in-auto-ecco-cosa-dice-la-nuova-legge_3779.html
TRASPORTARE UN CANE IN AUTO? ECCO COSA DICE LA NUOVA LEGGE
Art. 169 del nuovo codice della strada; si può trasportare un animale in auto se non costituisce un intralcio per chi guida.
Se possedete animali domestici, è bene che impariate a conoscere e rispettare il codice della strada. E’ consentito trasportare animali, purché ci siano degli accorgimenti.
L’ Art. 169 del nuovo codice della strada - Trasporto di persone, animali e oggetti sui veicoli a motore dichiara:“È vietato il trasporto di animali domestici in numero superiore a uno e comunque in condizioni da costituire impedimento o pericolo per la guida. È consentito il trasporto di soli animali domestici, anche in numero superiore a uno, purché custoditi in apposita gabbia o contenitore o nel vano posteriore al posto di guida appositamente diviso da rete od altro analogo mezzo idoneo che, se installati in via permanente, devono essere autorizzati dal competente ufficio provinciale della Direzione generale della M.C.T.C.”.
Come si può notare dalle direttive del codice della strada, è possibile portare un animale in auto, l’importante che non saltelli, che non lo portiate in braccio o sulle gambe, e che non sia d’intralcio alla guida. Queste sono precauzioni e misure di sicurezza per il conducente, ma ciò che non si evince dal suddetto articolo, sono le misure di sicurezza per l’animale quindi, è bene riportare qualche consiglio di alcuni esperti;
1. La gabbietta Kennel è tra i mezzi più efficaci per trasportare un animale, se è bel fissato in macchina può preservare il cane da brusche frenate, indispensabile se il vostro cane soffre il mal d'auto, ma dovete farlo abituare gradualmente a questo alloggio;
2. Adoperare un’'imbragatura che si attacca alla cintura di sicurezza. Anche questa come il Kennel ha bisogno di un periodo di prova, dove il cane verrà istruito da un bravo padrone;
3. Il bagaglio con una rete divisoria rigida è sicuramente tra i modi più usati, ma non è detto che sia la migliore soluzione per il cane. Nessuno però potrà multarvi perché risulta a norma di legge.
Ricordate che chi viola queste disposizioni è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 78 a 311 euro e rischia la decurtazione di un punto dalla patente. Per il benessere del vostro cane in auto ci sarebbero, invece, una miriade di consigli dettati anche dal buon senso come ad esempio;
1. Divieto assoluto di lasciarlo solo in auto, in estate si raggiungono rapidamente temperature insopportabili (colpo di calore). Il cane non suda come noi, espelle il calore solo attraverso la bocca e il suo corpo si surriscalda facilmente.
2. Non fatelo mai affacciare al finestrino;
3. Far viaggiare il cane a stomaco vuoto.
4. Tenere in macchina una scorta d'acqua e un recipiente per farlo bere.
http://www.tuttocani.it/v1.htm
Trasporto Animali in auto
La normativa di riferimento per trasportare o affrontare un viaggio in auto con il cane in Italia è il "Nuovo codice della strada" (D.lgs. 30 aprile 1992
n. 285 e successive modificazioni) e più precisamente al TITOLO V - NORME DI COMPORTAMENTO nell' "Art. 169. Trasporto di persone, animali e oggetti sui veicoli a motore.", al
comma 6 dell'Art.169 infatti troviamo scritto:
"Sui veicoli diversi da quelli autorizzati a norma dell'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320, è vietato il trasporto di animali
domestici in numero superiore a uno e comunque in condizioni da costituire impedimento o pericolo per la guida. È consentito il trasporto di soli animali domestici, anche in numero superiore,
purchè custoditi in apposita gabbia o contenitore o nel vano posteriore al posto di guida appositamente diviso da rete od altro analogo mezzo idoneo che, se installati in via permanente, devono
essere autorizzati dal competente ufficio provinciale della Direzione generale della M.C.T.C."
L'art. 169 del Nuovo Codice della Strada consente quindi di trasportare direttamente nell'abitacolo dell'auto un solo cane, purchè non costituisca pericolo o intralcio per
il conducente dell'auto; ovvero quantomeno sul sedile posteriore, se si viaggia da soli con il cane dotandolo di un guinzaglio idoneo al fissaggio agli attacchi per le cinture di sicurezza o
posizionandolo all'interno di un idoneo contenitore per il trasporto.
Anche se probabilmente la cosa migliore e meno stressante per il nostro Fido, sarebbe che sul sedile posteriore il cane fosse accudito durante il viaggio da un passeggero
diverso dal conducente.
E' consentito inoltre il trasporto di un numero superiore di animali domestici (i cani rientrano in questa classificazione) se questi vengono custoditi in gabbie
posizionate nel vano posteriore dell'auto appositamente diviso da una rete; oppure tenendo i cani (se di piccola taglia) in appositi "contenitori da trasporto".
Questo è quanto afferma la normativa vigente e disattendendola si è soggetti ad una sanzione amministrativa (multa) che va da un minimo di 84,00 euro ad un massimo di
335,00 euro.
Al di là delle disposizioni di legge è comunque indispensabile, se vogliamo bene ai nostri amici a quattro zampe, prima di affrontare lunghi spostamenti, cercare di
abituare il nostro cane a viaggiare in auto assieme a noi, magari facendo una serie di viaggi brevi, osservando il comportamento e le reazioni del cane durante e immediatamente dopo il
viaggio.
Qui di seguito altre buone pratiche da osservare per affrontare serenamente un viaggio con il cane:
Prima di partire il cane deve essere a stomaco vuoto e non dimentichiamoci di portare una ciotola e una abbondante scorta di acqua.
Quando si viaggia assicuriamoci che il finestrino sia leggermente abbassato in modo da far circolare l'aria, ma non lasciamogli mettere la testa fuori dal finestrino,
mentre l'auto è in marcia, perchè un colpo d'aria potrebbe causargli una fastidiosa otite, oltre ad esporre il cane ad inutili pericoli.
Dovremo effettuare frequenti soste (al massimo ogni due ore) in modo che possa sgranchirsi le zampe e dissetarsi.
Non lasciamolo mai chiuso in auto durante una giornata calda perchè anche se i finestrini sono abbassati, basta poco tempo perchèla temperatura all'interno dell'abitacolo dell'auto raggiunga i 40 gradi all'ombra e i 60 gradi al sole.
Quando abbiamo raggiunto il luogo delle nostre vacanze può essere utile avere dei ragguagli sugli spostamenti brevi da effettuarsi con mezzi pubblici.
Per i trasporti urbani comunali (autobus, metropolitana) i regolamenti variano da un comune all'altro.
Se è consentito l'accesso ai cani, può essere chiesto, o meno, il pagamento del biglietto e l'animale dovrà essere al guinzaglio e munito di museruola a paniere. In ogni caso non sono ammessi più di due cani contemporaneamente.
Per quanto concerne lo spostamento in taxi non esistono regole generali per il trasporto di animali per cui è a discrezione del conducente accettare il cane a bordo.
Per questo consigliamo di segnalare la presenza di animali al centralino al momento della richiesta della vettura in modo che la stessa compagnia provveda ad inviare un taxi che accetta di trasportare animali.
Fido in treno |
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Poiché comunque le Ferrovie dello Stato possono apportare modifiche alle condizioni per il trasporto di animali in treno, è
consigliabile, prima di mettersi in viaggio, sincerarsi che queste non siano cambiate. |
Fido in aereo |
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Se la località di vacanza è all'estero dovremo inoltre informarci sulle formalità in vigore nel paese di destinazione: ad esempio
in certi Stati l'introduzione di un animale prevede un periodo di quarantena che può arrivare fino a tre mesi (in questo caso forse è meglio evitare a Fido questa traumatica
esperienza!). |
Fido in nave |
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Via libera agli animali in condominio, ma con regole precise
La norma che ha "liberalizzato" l'ingresso degli animali domestici in condominio è sicuramente una delle novità più rilevanti della riforma che entrerà in vigore il 18 giugno 2013.
Dietro la nuova regola, però, si annida il rischio di un aumento della litigiosità tra i proprietari.
L'articolo 1138 del Codice civile – così come modificato dalla legge 220/2012 - dispone che «le norme del
regolamento» condominiale «non possono vietare di possedere o detenere animali domestici».
Il principio della Cassazione
Nel primo testo di riforma, il divieto riguardava gli "animali da compagnia".
Proprio di recente i giudici di legittimità hanno riconosciuto "un vero e proprio diritto soggettivo all'animale da compagnia nell'ambito dell'attuale ordinamento giuridico" secondo un'interpretazione evolutiva e orientata dalle norme vigenti, che "impone di ritenere che l'animale non possa essere più collocato nell'area semantica concettuale delle cose" ma "deve essere riconosciuto come essere senziente".
Lo ha affermato la Cassazione con il decreto 13 marzo 2013 nel quale, richiamando tali principi, ha ritenuto che "il gatto, come anche il cane, deve essere considerato come membro della
famiglia e per tali motivi va collocato presso il coniuge separato con regolamento di spese analogo a quello del figlio minore".
Il testo della riforma
Nella stesura finale del nuovo testo dell'articolo 1138 del Codice, però, il termine "da compagnia" è stato sostituito con animali "domestici".
Una differenza che potrebbe prestarsi a lunghe discussioni nelle aule di giustizia.
Mentre dovrebbe sempre essere possibile vietare la presenza di animali esotici (come ad esempio i serpenti), non è così chiaro l'inquadramento degli animali d'affezione che non sempre sono "domestici" in senso proprio, come criceti, furetti o – in certa misura – conigli.
Le altre regole
L'accesso degli animali nel condominio, tuttavia, non è fuori da ogni regola.
È comunque buona norma rispettare le disposizioni contenute nell'ordinanza del ministero della Salute, entrata in vigore il 23 marzo 2009, che prevede tra l'altro, l'obbligo, per i proprietari dell'animale, di mantenere pulita l'area di passeggio, di utilizzare il guinzaglio in ogni luogo e – nel caso di animali aggressivi – di applicare la museruola.
È sempre prevista la responsabilità civile ex articolo 2052 del Codice civile e penale dei proprietari, in caso di danni o lesioni a persone, animali o cose nonché l'obbligo di stipulare, in caso di animali pericolosi, una polizza di assicurazione di responsabilità civile per danni causati da proprio cane contro terzi.
Bisogna, infine, rammentare che:
- gli animali non possono essere lasciati liberi di circolare negli spazi comuni senza le dovute cautele sopra indicate;
- i proprietari degli animali debbono comportarsi in modo tale da non ledere o nuocere alla quiete e all'igiene degli altri conviventi dello stabile; il condominio, in caso di rumori molesti o di
odori sgradevoli per i quali è necessario chiedere la cessazione della turbativa per violazione delle norme sulle immissioni intollerabili ex articolo 844 del Codice civile, può richiedere
l'allontanamento dell'animale dall'abitazione in base all'articolo 700 del Codice di procedura civile;
- nel caso di immissioni rumorose è possibile ipotizzare, purché ne sussistano le condizioni, il reato di "disturbo del riposto delle persone" (articolo 659 del Codice civile) (l'elemento
essenziale di tale fattispecie di reato è, però, l'idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone e non già l'effettivo disturbo alle stesse);
- gli animali non possono essere abbandonati per lungo tempo sul balcone o nelle abitazioni perché si potrebbe ipotizzare il reato di "omessa custodia" (articolo 672 del Codice
penale).
Animali in appartamento, cosa è cambiato con la riforma del condominio
La riforma del condominio approvata a fine 2012 è certamente la legge più importante approvata verso le strutture a residenza plurima degli ultimi anni. Una norma attesa da oltre mezzo secolo che, però, non ha ancora concluso di mostrare i propri effetti.
Uno degli ambiti più significativi, e dibattuti, della nuova legge di riforma, riguarda gli animali in condominio: cosa è cambiato con la riforma?
Ci sono state novità anche sull’inquinamento acustico?
Quali conseguenze si stanno verificando con l’attuazione?
Ne discutiamo con l’avvocato Marianna Sala, esperta in materia e autrice del volume “Gli animali domestici nel condominio dopo la riforma” per Maggioli Editore, Con la riforma del condominio, com’è cambiata la disciplina della presenza di animali domestici?
Prima della riforma i regolamenti condominiali potevano impedire ad un condomino di tenere nel suo appartamento animali domestici; oggi ciò non è più possibile, perché la legge” vieta di vietare” la detenzione di animali domestici.Le novità riguardano indistintamente appartamenti e aree comuni o ci sono disposizioni diverse a seconda della zona?
La novità normativa riguarda direttamente solo gli appartamenti, nel senso che prima era possibile vietare ad un condomino di tenere animali nella propria abitazione privata, ora non più.
La disciplina delle aree comuni, non espressamente interessata dalla riforma, ne viene comunque indirettamente influenzata, posto che, non essendo possibile vietare la detenzione di animali in appartamento, non sarà nemmeno più possibile impedire al condomino possessore di animali di usufruire della parti comuni insieme al suo animale.
Cosa accade in caso di regolamenti ancora in vigore che vietano la presenza di animali domestici? Sul punto, che rappresenta uno degli aspetti più problematici della riforma, si registrano opinioni discordanti.
Alcuni ritengono che il nuovo art. 1138 ult.co. possa valere solo per i regolamenti futuri, e quindi un divieto di detenere animali contenuto in un regolamento precedente alla riforma rimanga valido.
Nel libro si argomenta la tesi opposta, secondo cui qualunque divieto alla detenzione di animali deve intendersi caducato con l’entrata in vigore della riforma, configurandosi una forma di nullità sopravvenuta delle clausole contrarie al nuovo disposto normativo.
All’indomani dell’approvazione, era emersa la possibilità che sotto la dicitura “animali domestici” fossero inclusi anche animali come mucche, asini, e qualcuno aveva avanzato il rischio di “condominio fattoria”, mentre non sarebbero inclusi alcuni volatili comunemente tenuti nelle abitazioni…si può tracciare un breve elenco delle specie che non potranno incorrere in divieti di accesso ai condomìni?Il problema nasce dal fatto che la legge non definisce la nozione di animale domestico.In mancanza di una definizione normativa, si fa spesso riferimento alla nozione della scienza veterinaria, che include tra gli animali domestici anche quelli da fattoria, mentre esclude i cd. esotici come conigli nani o tartarughe da acqua. Ai fini dell’applicazione della nuova norma, per animale domestico va invece inteso l’animale da compagnia, cioè quello che ragionevolmente e per consuetudine è tenuto in appartamento per ragioni affettive.
La normativa è invece rimasta identica riguardo i rumori molesti causati dagli animali, come l’abbaiare dei cani causa di molteplici controversie?
Sì, sul punto non vi è stata alcuna modifica. Il principio, a più riprese affermato dalla giurisprudenza, è che l’abbaiare del cane configura molestia solo se anomalo, in quanto incessante o tale da disturbare il riposo notturno; l’abbaiare fisiologico del cane (ad es. quando passa il postino) deve invece essere tollerato dai vicini.
E’ notizia di qualche settimana fa che la giunta regionale dell’Emilia-Romagna sia per approvare un regolamento che consentirà la presenza di animali domestici anche nelle corsie degli ospedali, specialmente in quei reparti dove il calore degli amici a quattro zampe può aiutare i pazienti in convalescenza a ristabilirsi: crede che si stiano aprendo sempre più spazio agli animali di compagnia, e che così facendo venga riconosciuto il loro valore sociale?
Con questa nuova norma il legislatore ha riconosciuto la valenza sociale del rapporto uomo-animale, consacrando un diritto alla relazione affettiva con l’animale che va oltre il solo ambito condominiale, producendo effetti su tutti i rapporti giuridici aventi ad oggetto l’uso di immobili per fini abitativi (locazione, usufrutto, comodato). Starà poi alla sensibilità delle amministrazioni regionali e locali consentire, come nel caso citato, che il rapporto con l’animale possa esplicarsi anche nei luoghi pubblici (ospedali, ma anche carceri e case per anziani).
http://www.mailingmaggioli.it/legale/schede/animali_domestici_condominio_dopo_riforma84422.html
GLI ANIMALI DOMESTICI NEL CONDOMINIO
DOPO LA RIFORMA
Con l'approvazione della
nuova Riforma del condominio e in particolar modo dell'articolo 1138, ult. comma c.c.("le norme del regolamento non possono
vietare di possedere o detenere animali domestici"), il legislatoreha riconosciuto
espressamente l'importanza della presenza degli animali nella vita domestica.
Integrato in alcuni capitoli da una sezione FOCUS con approfondimenti su specifiche problematiche giuridiche, il testo esamina il tema dell'accettazione degli animali domestici
all'interno del condominio prima e dopo la riforma, analizza il nuovo diritto di coabitazione e chiarisce i dubbi interpretativi correlati in termini di derogabilità e applicabilità ai
regolamenti vigenti.
Corredato di formule come modelli esemplificativi per la richiesta di tutela degli animali e degli altri condomini, il volume valuta l'ammissibilità dell'animale domestico sia dal
punto di vista normativo che pratico ed è così di seguito strutturato:
Capitolo I – Animali e diritto: principi generali in tema di tutela degli animali
1. La novità della legge 220/2012
2. La posizione giuridica dell'animale nell'ordinamento italiano
• La profonda contraddizione del sistema giuridico interno
• (Segue). Normativa, giurisprudenza, società: le aperture in favore del riconoscimento dello status di animale
3. L'articolo 2 della Costituzione
• L'art. 2 Cost. come clausola aperta ai nuovi valori riconosciuti dalla società: tra questi, il diritto al rapporto affettivo uomo-animale
• Argomenti a sostegno del riconoscimento del valore costituzionale al rapporto affettivo uomo-animale
4. Sull'opportunità di una riforma costituzionale in tema di tutela dell'animale
• Proposta di modifica dell'art. 9 Costituzionale
• Cenni comparatistici
FOCUS
-
La contraddittoria posizione
giuridica dell'animale in ambito privatistico
Capitolo II - Il divieto di tenere animali domestici nei condomini: la situazione ante Riforma
1. Brevi nozioni in tema di regolamento di condominio
• La nozione di condominio negli edifici
• Il regolamento di condominio
• Regolamenti assembleari e regolamenti contrattuali. Differenze
• (Segue). Il regolamento condominiale contrattuale
2. Sul divieto alla detenzione di animali domestici nei condominii.
La situazione giuridica anteriore
alla Riforma
• Premessa
• Natura giuridica del limite alla detenzione di animali domestici ante Riforma
FOCUS
-La giurisprudenza ante
riforma
Capitolo III - Il diritto di coabitazione con l'animale domestico
1. Il nuovo art. 1138 c.c.: problemi interpretativi ed applicativi.
Inquadramento
2. Applicabilità della Riforma del condominio ai regolamenti condominiali approvati prima della sua entrata in vigore
• La tesi della irretroattività della legge
• La tesi dello iussuperveniens
3. Inderogabilità del divieto di cui all'art. 1138, ult. comma, c.c.
4. Il parere espresso dalla Commissione Giustizia del Senato. Critiche
• Il parere della Commissione Giustizia del Senato
• Sull'opinabilità del parere della Commissione Giustizia
• L'interpretazione della Commissione Giustizia come "formula di compromesso". Critica
5. Il diritto di coabitazione con l'animale domestico come declinazione positiva del diritto al rapporto affettivo con l'animale. Possibili conseguenze.
Capitolo IV - Facoltà inerenti al diritto di coabitazione con l'animale domestico
1. Facoltà di utilizzo delle parti comuni degli edifici
2. Animali sì, ma quanti ?
3. Salvaguardia dell'animale e decoro architettonico
FOCUS
-Il fenomeno
dell'animalhoarding
Capitolo V - Animali in condominio: rapporti di vicinato e problemi di convivenza
1. Il diritto a non essere disturbati
2. Le immissioni moleste (art. 844 c.c. )
3. Evoluzione giurisprudenziale in tema di immissioni
4. Immissioni, animali e condominio
• Generalità
• Immissioni acustiche: can che abbaia, non... disturba.
Sul "diritto di abbaiare" del
cane
Le immissioni olfattive
FOCUS
-Breve rassegna
di giurisprudenza in tema di immissioni
Capitolo VI - Il danno cagionato dagli animali in condominio
1. Le conseguenze del danno cagionato da animali:
responsabilità civile e penale. Generalità
2. Responsabilità civile per danno da animali ex art. 2052 c.c.
Natura
giuridica
3. Il caso fortuito
4. La nozione di utente dell'animale ex art. 2052 c.c.
5. Se il proprietario affida l'animale a un terzo, chi è il responsabile del danno?
6. Concorso dell'art. 2052 c.c. con altre disposizioni
7. Responsabilità penale per il danno cagionato da animali. Cenni
8. Danni cagionati da animali: profili assicurativi. Spunti di riflessione
FOCUS
-La
giurisprudenza in tema di danno cagionato da animali
Schema
riepilogativodella responsabilità per danno cagionato da
animali
Capitolo VIII - Come difendere i propri diritti. Formulario minimo
Generalità
PARTE I - FORMULARIO A TUTELA DEGLI ANIMALI IN CONDOMINIO
1. Premessa: la differenza tra delibere condominiali nulle e annullabili
2. Contestazione della nullità della delibera di modifica del regolamento condominiale, che introduce una clausola di divieto alla detenzione di animali domestici
3. Actio negatoria servitutis
PARTE II - FORMULARIO A TUTELA DEGLI "ALTRI" CONDOMINI
4. Formula per chiedere in via d'urgenza la cessazione delle immissioni moleste (artt. 844 c.c. e 700 c.p.c.)
Allegati
Allegato 1 -Normativa di riferimento
Allegato 2
-Proposta di legge
- Disegno di legge per la tutela degli animali nel codice civile 21 ottobre 2008
Allegato3 -European Treaty series - No. 125, European convention for the protection of pet animals, Strasbourg, 13.XI.1987
Allegato 4 -Regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 giugno 2013, n. 576 sui movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia e che abroga il regolamento (CE) n. 998/2003
http://www.qzlife.it/attualita/legge-i-condomini-possono-vietare-gli-animali/
È legge: i condomini non possono vietare gli animali
Negli ultimi anni la legislazione in materia ha progressivamente ampliato le tutele dei nostri amici a quatto zampe.
Anche la giurisprudenza nostrana ha affermato a più riprese che il cane e il gatto vanno considerati esseri senzienti e facenti parte del nucleo familiare, come statuito nella celebre sentenza emessa il 13 marzo 2013 dal Tribunale di Milano, secondo cui “l’animale non può essere più collocato nell’area semantica concettuale delle cose, ma deve essere riconosciuto come essere senziente”.
E non essendo una cosa, bensì un essere senziente, “è legittima facoltà dei coniugi quella di regolarne la permanenza presso l’una o l’altra abitazione e le modalità che ciascuno dei proprietari deve seguire per il mantenimento dello stesso”.
Tra i temi fonte di disaccordo e litigiosità, sicuramente vi è il delicato rapporto tra gli animali all’interno di un condominio e con i condomini.
Un’importante novità riguardante il possesso di animali è stata introdotta dalla Legge n. 220/2012, che ha in sostanza liberalizzato l’ingresso degli animali domestici nei condomini. Grazie a questa legge, i regolamenti
condominiali non possono vietare di possedere o detenere animali domestici (art. 1138 codice civile).
La Consulta, in merito, si è pronunciata ante riforma con la sentenza n. 3705/2011: “Occorre considerare che le clausole del regolamento condominiale che impongono limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà incidono sui diritti dei condomini, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca (Cass. 13164/2001).
Ne consegue che tali disposizioni hanno natura contrattuale, in quanto vanno approvate e possono essere modificate con il consenso unanime dei comproprietari.
Il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva (12028/1993)”.
Animali in condominio sentenze e commenti |
ANIMALI NEL CONDOMINIO 1
Sentenza del Tribunale di Piacenza sez. II 10/4/1990 n° 231: "La detenzione di animali in un condominio, essendo la suddetta facoltà una esplicazione del diritto dominicale, può essere vietato solo se il proprietario dell'immobile si sia contrattualmente obbligato a non detenere animali nel proprio appartamento, non potendo un regolamento condominiale di tipo non contrattuale, quand'anche approvato a maggioranza, stabilire limiti (oneri reali e servitù) ai diritti ed ai poteri dei condomini sulla loro proprietà esclusiva, salvo pertanto, in mancanza di un regolamento contrattuale che vieti al singolo condomino di detenere animali nell'immobile di sua esclusiva proprietà, la legittimità di tale detenzione deve essere accertata alla luce dei criteri che presiedono la valutazione della tollerabilita' delle immissioni..." Sentenza della Cassazione n.1394 del 6/3/2000: Se il cane abbaia non e' disturbo della quiete. Se il cane non disturba una pluralità di persone ma solo il vicino "il fatto non sussiste". Perché vi sia reato "è necessario che i rumori siano obiettivamente idonei ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone".
ANIMALI IN CONDOMINIO 2
Tra condomini
spesso si creano litigi a causa della presenza di animali domestici nel condominio. Ciascun condomino può prendere l’iniziativa per la formazione o per la revisione del regolamento, che deve essere approvato dall’assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Ma attenzione: le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti d’acquisto e dalle convenzioni. Perciò, vietare ad un condomino di detenere animali domestici nel suo appartamento significa menomare i suoi diritti (comma 4 dell’articolo 1138 del Codice Civile:”Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti d’acquisto e dalle convenzioni …”). Così, il condomino può essere obbligato ad allontanare l’animale dal suo appartamento solo se ha accettato una clausola del regolamento che ne vieti la detenzione. Inoltre, se in un regolamento condominiale è presente una norma che impedisce la detenzione di animali che turbano la quiete della collettività, bisogna accertare effettivamente il danno da loro arrecato (la sola presenza degli animali non è una prova sufficiente per il loro allontanamento). PERCIÒ CONSIGLIAMO A TUTTI COLORO CHE INCORRONO IN PROBLEMATICHE DI QUESTO TIPO, DI INFORMARSI SUL PROPRIO REGOLAMENTO CONDOMINIALE E DI FAR VALERE I PROPRI DIRITTI DI CONDOMINO, INVECE DI ALLONTANARE I PROPRI ANIMALI ALLE PRIME LAMENTELE DEI VICINI.
ANIMALI IN CONDOMINIO 3 SOMMARIO: A) Danno cagionato da animali; B) Divieto di detenzione; C) Immissioni;
D) Omessa custodia
e malgoverno.
a) Danno cagionato
da animali
* Cass. civ., sez. III, 23
febbraio 1983, n. 1400, Parini c. Olivari.
La responsabilità
sancita dall'art. 2052 c.c. ricorre tutte le volte che il danno sia stato prodotto, con diretto nesso causale, dal fatto proprio dell'animale secundum o contra naturam,
comprendendosi in tale concetto qualsiasi atto o moto dell'animale quodsensucaret, che dipenda dalla natura dell'animale medesimo e prescinda dall'agire dell'uomo.
* Cass. civ., sez. III, 19
gennaio 1977, n. 261.
La
presunzione di responsabilità per danno cagionato da animali, ai sensi dell'art. 2052 cod. civ., può essere superata esclusivamente qualora il proprietario o colui che si serve
dell'animale provi il caso fortuito e pertanto non può attribuirsi identica efficacia liberatoria alla semplice prova dell'uso della normale diligenza nella custodia dell'animale
stesso o della mansuetudine di questo, essendo, pertanto irrilevante che il suo comportamento dannoso sia stato causato da impulsi interni imprevedibili o inevitabili ed essendo,
invece, sufficiente al permanere della suddetta presunzione che il danno sia stato prodotto con diretto nesso causale, da fatto proprio dell'animale.
* Cass. civ., sez. III, 6
gennaio 1983, n. 75, Ente Teatr. Op. c. Ricci.
La responsabilità
per fatto di animale, di cui all'art. 2052 c.c., riguarda alternativamente il proprietario dell'animale e chi si serve dell'animale, per tutto il periodo in cui lo ha in
uso.
* Pret. civ. Torino, 4 ottobre
1991, in Arch. civ. 1992, n. 3.
b) Divieto di
detenzione
In tema di
condominio di edifici il divieto di tenere negli appartamenti comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla
maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato
appartenenti ad essi individualmente in esclusiva, sicché in difetto di un'approvazione unanime le disposizioni anzidette sono inefficaci anche con riguardo a quei condomini che
abbiano concorso con il loro voto favorevole alla relativa approvazione, giacché le manifestazioni di voto in esame, non essendo confluite in un atto collettivo valido ed
efficace, costituiscono atti unilaterali atipici, di per sé inidonei ai sensi dell'art. 1987 c.c. a vincolare i loro autori, nella mancanza di una specifica disposizione
legislativa che ne preveda l'obbligatorietà.
* Cass. civ., sez. II, 4
dicembre 1993, n. 12028.
La
detenzione di animali in un condominio, essendo la suddetta facoltà una esplicazione del diritto dominicale, può essere vietata solo se il proprietario dell'immobile si sia
contrattualmente obbligato a non detenere animali nel proprio appartamento, non potendo un regolamento condominiale di tipo non contrattuale, quand'anche approvato a maggioranza,
stabilire limiti (oneri reali e servitù) ai diritti ed ai poteri dei condomini sulla loro proprietà esclusiva, salvo che l'obbligo o il divieto imposto riguardino l'uso, la
manutenzione e la eventuale modifica delle parti di proprietà esclusiva, e siano giustificati dalla necessità di tutelare gli interessi generali del condominio, come il decoro
architettonico dell'edificio. * Trib. civ. Piacenza, sez. II, 10 aprile 1990, n. 231, Copelli c. Cassi e Paganuzzi, in Arch. loc. e cond. 1990, 287.
Nel caso in cui un
regolamento condominiale di tipo contrattuale vieti di tenere animali che possano recare disturbo ai condomini, il giudice, accertati tali disturbi, può ordinare, con
provvedimento di urgenza, l'allontanamento degli animali dagli appartamenti in cui sono tenuti.
*Trib. civ. Napoli, ord. 25
ottobre 1990, Ragosta ed altri c. Miranda e Cario, in Arch. loc. e cond. 1990, 737.
Il giudice
può, con provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c., ordinare l'allontanamento di animali molesti (nella specie, cane) dal condominio, affidando l'esecuzione ad organi pubblici,
con divieto assoluto di ritorno nell'edificio condominiale.
*Trib. civ. Napoli, ord. 8
marzo 1994, in Arch. loc. e cond. 1994, 337.
Qualora una
norma contenuta in un regolamento condominiale vieti la detenzione di animali che possano turbare la quiete o l'igiene della collettività, il semplice possesso di cani o di altri
animali non è sufficiente a far incorrere i condomini in questo divieto, essendo necessario che si accerti effettivamente il pregiudizio causato alla collettività dei condomini
sotto il profilo della quiete o dell'igiene.
* Pret. civ. Campobasso, 12
maggio 1990, in Arch. loc. e cond. 1991, 176.
Non può
l'assemblea, con voto di maggioranza, imporre ad un condomino il divieto di detenere cani negli appartamenti, ma occorre che il divieto sia posto nel regolamento
condominiale.
* Trib. civ. Parma, 11
novembre 1968, in Riv. giur. edil. 1971, 446.
La delibera
assembleare di approvazione del regolamento di condominio presa a maggioranza è invalida, perché limitativa delle proprietà individuali, nella parte in cui vieta ai condomini di
tenere cani anche nelle logge e nei terrazzi.
* Trib. civ. Messina, 8 aprile
1981, n. 743, in Riv. giur. dottr. leg. e giur. 1981, 53.
c)
Immissioni
* Trib. civ. Milano, 28
maggio 1990, in Arch. loc. e cond. 1991, 792.
d) Omessa custodia
e malgoverno
* Cass. pen., sez. VI, 17
marzo 1970, n. 684, Fraschini.
L'obbligo di
custodire e di governare animali dotati di naturale ed istintiva ferocia o che in determinate circostanze possano diventare aggressivi incombe sul detentore a qualsiasi titolo.
Risponde, quindi, della contravvenzione di cui all'art. 672 c.p. il custode non proprietario di un cane lupo affidatogli se omette di osservare le regole di condotta previste dal
detto articolo.
* Cass. pen., sez. IV, 29
ottobre 1968, n. 1738, Scali.
Pericolosi per
l'altrui incolumità devono ritenersi non soltanto gli animali la cui ferocia è caratteristica naturale o istintiva, ma tutti quelli che, sebbene domestici, possono divenire
pericolosi in determinati casi e determinate circostanze. Dal novero di questi ultimi non si può escludere il cane normalmente mansueto; per tale categoria di animali la
pericolosità deve essere accertata in concreto considerando la razza di appartenenza ed ogni altro elemento rilevante.
* Cass. pen., sez. IV, 3 marzo
1970, n. 822, Bonichini.
Ai fini
dell'integrazione del reato p.p. dell'art. 672 n. 1 cod. pen. non occorre l'accertamento della pericolosità dell'animale né l'esposizione e pericolo della pubblica incolumità e
non rileva la durata, ancorché breve, dell'omessa custodia.
I cani da guardia
in genere, e quelli appartenenti anche per somiglianza alla razza dei pastori tedeschi in particolare, sono da considerarsi pericolosi e, quindi, rientranti nella disciplina di
cui all'art. 672 c.p. (omessa custodia e malgoverno di animali).
* Cass. civ., sez. I, 8 marzo
1990, n. 1840, Vara c. Pref. Caltaniss.
Cani e gatti in
condominio
In realtà sono
numerose le sentenze che sanciscono a chiare lettere che nessun regolamento o assemblea condominiale può limitare il diritto di proprietà e che quindi non è possibile impedire in
alcun modo di tenere animali in condominio. La sentenza del 24-3-1972 n. 899 della Sezione II della Corte di Cassazione testualmente recita: «È inesistente il divieto giuridico di tenere cani in condominio. Il regolamento condominiale che contenga una norma contraria è limitativo del diritto di proprietà, quindi giuridicamente nullo. L’assemblea condominale non può deliberarlo». Da segnalare anche le due sentenze emesse da un pretore di Torino e da uno di Milano i quali hanno assolto dalle loro presunte colpe due proprietari di cani e in entrambi i casi hanno condannato i proprietari degli stabili alle spese giuridiche, sentenziando inoltre che: «i cani e gli altri animali domestici fanno parte delle affettività familiari». I divieti.
Un’altra
importante sentenza è quella relativa a un procedimento dinanzi al giudice di Parma, il quale ha stabilito che in un condominio l’assemblea dei condomini non può, anche con il
voto di maggioranza, imporre il divieto di tenere animali. Ciascuno può avere accanto a sé un animale per amico e nessun
regolamento di condominio può considerarsi valido se contiene una norma restrittiva in questo senso. Chi dovesse trovarsi in questa spiacevole situazione deve far valere i suoi diritti e deve sapere che anche se il suo animale rischia il pericolo di essere allontanato per il disturbo della quiete pubblica i motivi della protesta dei vicini vanno dimostrati e vagliati caso per caso, per decidere se i rumori superino il livello di normale tollerabilità. Una sentenza del pretore di Campobasso del 1990 stabilisce che è necessario l’accertamento dell’effettivo pregiudizio recato alla collettività dei condomini sotto il profilo dell’igiene e della quiete, non essendo sufficiente il semplice possesso degli animali. L’abbaio. C’è poi la sentenza della Cassazione n.1394 del 6-3-2000: «Se il cane abbaia non è disturbo della quiete. Se il cane non disturba una pluralità di persone ma solo il vicino ”il fatto non sussiste”. Perché vi sia reato ”è necessario che i rumori siano obiettivamente idonei a incidere negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone». |
Animali in condominio
La custodia di un cane in condominio deve essere orientata verso il benessere dell’animale stesso ma anche verso il rispetto degli altri condomini, attenendosi semplicemente a quello che deve essere il buon senso di chi è responsabile del comportamento del cane e alla comune buona educazione.
Avendo ben saldi questi principi in mente, ecco alcune indicazioni di carattere generale che possono aiutare la persona che si trovi in difficoltà nel gestire la convivenza cane/condomini o anche solo chi voglia chiarirsi un pochino le idee:
• Gli animali possono stare nei condomini
• Solo in casi rari, con "indagini" e produzione di prove molto significative, può
essere imposto l'allontanamento dell'animale
• È possibile vietare la detenzione di animali solo se nel regolamento
condominiale istituito al momento del contratto di compravendita dello
stabile ne viene fatta esplicita menzione
• L'assemblea condominiale non può impedire il possesso di animali neanche
se vota all'unanimità.
Trasporto cani in ascensore.
Bisogna attenersi al regolamento di condominio. Se il trasporto di animali
non è vietato dal regolamento, il proprietario del cane (o del gatto) deve
evitare che l'animale possa insudiciar o rovinare l'ascensore Inoltre, se il proprio cane è di taglia molto grossa o di carattere non socievole, è sempre meglio che eviti di salire in ascensore con altre persone per evitare
problemi.
È necessario, sempre, rispettare anche il diritto di chi, intimorito dalla presenza di un cane, non debba “subire” la vicinanza stretto con il nostro beneamato compagno.
Ecco alcuni esempi concreti di come la legge si pone nei confronti di situazioni piuttosto comuni.
» Sentenza Corte di Cassazione (sez. 1 penale) n.1109 del 9 dicembre 1999:
La Corte di Cassazione (sezione 1 penale) con sentenza n. 1109 del 9/12/99, che fa giurisprudenza e può essere citata come precedente, ha annullato una sentenza con la quale la Corte d’Appello di Bologna determinava in lire 300mila di ammenda e 3 milioni di risarcimento danni la pena ad un signore "perché non impedendo gli strepiti e l’abbaiare di un cane detenuto presso la propria abitazione, disturbava il riposo e le occupazioni delle persone
dimoranti nei pressi".
La Corte di Cassazione ha stabilito che “è necessario per la
configurabilità della contravvenzione di cui all’articolo 659 I comma del Codice Penale (disturbo alla quiete pubblica n.d.r.) che i lamentati rumori abbiano attitudine a propagarsi ed a costituire quindi un disturbo per una potenziale pluralità di persone, ancorché non tutte siano state poi disturbate (…) è necessario che i rumori siano obiettivamente idonei ad incidere
negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone tale situazione non ricorre nel caso di specie poiché l’abbaiare del cane dell’imputato ha recato disturbo soltanto ai vicini di casa, né altrimenti poteva essere, trattandosi di abitazione, secondo le testimonianze assunte il comportamento omissivo dell’imputato (che non è intervenuto prontamente per far cessare i continui latrati n.d.r.) integra tutt’al piu’ un mero illecito civile annulla quindi sena rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste”.
» Sentenza della Pretura di Campobasso 12/5/90:
"Qualora una norma contenuta in un regolamento condominiale vieti la detenzione di animali che possano turbare la quiete o l'igiene della collettività, il semplice possesso di cani o di altri animali non è sufficiente a far incorrere i condomini in questo divieto, essendo necessario che si accerti effettivamente il pregiudizio causato alla collettività dei condomini sotto il profilo della
quiete o dell'igiene."
» Sentenza del Tribunale di Piacenza sez. II 10/4/1990:
"La detenzione di animali in un condominio, essendo la suddetta facoltà una esplicazione del diritto dominicale, può essere vietato solo se il proprietario dell'immobile si sia contrattualmente obbligato a non detenere animali nel proprio appartamento, non potendo un regolamento condominiale di tipo non contrattuale, quand'anche approvato a maggioranza, stabilire limiti (oneri reali e servitù) ai diritti ed ai poteri dei condomini sulla loro proprietà esclusiva, salvo pertanto, in mancanza di un regolamento contrattuale che vieti al singolo condomino di detenere animali nell'immobile di sua esclusiva proprietà, la legittimità di tale detenzione deve essere accertata alla luce dei criteri che presiedono la valutazione della tollerabilità delle immissioni..."
» Sentenza della Cassazione n.1394 del 6/3/2000:
Se il cane abbaia non è disturbo della quiete. Se il cane non disturba una pluralità di persone ma solo il vicino "il fatto non sussiste".
Perché vi sia reato "è necessario che i rumori siano
obiettivamente idonei ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone".
http://www.tipresentoilcane.com/2011/11/11/cani-e-disturbo-della-quiete-pubblica-cosa-dice-la-legge/
In un altro articolo, qualche tempo fa, abbiamo fatto un breve cenno al disturbo della quiete pubblica causata dal continuo
abbaiare del nostro amico a quattro zampe, ma riteniamo di dover approfondire tale argomento per una
maggiore informazione.
Capita infatti spesso che i nostri vicini di casa, infastiditi dal continuo abbaiare del nostro cane, minaccino di denunciarci per disturbo della quiete pubblica.
Ma quando si configura esattamente il reato di disturbo della quiete pubblica?
Per poter gestire al meglio dette situazioni è preferibile conoscere bene le leggi, in questo casol’articolo 659 codice
penale, che al primo comma recita testualmente:
“Chiunque, mediante schiamazzi o rumori,
ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non “impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli,
i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a € 309“.
Con tale articolo il legislatore ha voluto tutelare la tranquillità pubblica o privata della
collettività.
I disturbo della quiete pubblica si realizza mediante una condotta che può essere attiva o omissiva, cioè che susciti o non reprima rumori idonei a provocare una sensazione psichica di disagio ed
intolleranza, tale da determinare un turbamento della pubblica quiete.
Affinché si possa parlare di disturbo della quiete pubblica è necessario che i rumori o gli schiamazzi superino i limiti della normale tollerabilità e siano obbiettivamente idonei ad incidere
negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone.
La potenzialità lesiva di tali rumori non e deve necessariamente incidere su di un numero rilevante di persone, ma è sufficiente che si arrechi disturbo alla generalità di coloro che si trovano a
diretto contatto con il luogo ove i rumori si manifestano.
Cosa si intende per limiti della normale tollerabilità
?
La valutazione del criterio della normale tollerabilità va effettuata con parametri che si riferiscono alla
media sensibilità delle persone che vivono nell’ambiente ove i rumori fastidiosi si percepiscono. Ma
chi stabilisce quando viene superata la soglia della normale tollerabilità ed in base a quale criterio viene stabilito tale superamento?
Organo giudicante è un giudice ordinario, il quale in alcuni casi basa la sua decisione sui risultati provenienti da una perizia fonometrica o consulenza tecnica; altre volte, invece, può basare
il suo convincimento sulle dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti.
Quanto detto sopra è, in linee generali, il contenuto dell’art. 659 I° comma.
Ma passiamo ora a quella che potrebbe essere definita una spina nel fianco per i nostri vicini di casa: i latrati notturni dei nostri amici a quattro zampe…
Se il nostro cane abbaia e disturba il vicino dí casa possiamo essere denunciati per violazione dell’art.6.59 cp.?
La giurisprudenza è ricca di pronunce a nostro favore.
La Suprema Corte di Cassazione è sempre stata sensibile a tale problematica, tant’è che si riscontrano sentenze già nel 1995.
Tra le sentenze più recenti troviamo la n° 1394 del 04 Febbraio 2000 secondo la quale è inutile querelare il vicino di casa per disturbo della quiete pubblica se il cane abbaia
continuamente.
Tale sentenza si basa sul principio secondo cui per la configurazione del reato “disturbo della quiete pubblica”, ai sensi dell’art.659 c.p., i rumori devono essere tali da infastidire un
pluralità di persone; pertanto, se gli ululati di Fido disturbano solo il vicino di casa e non un numero indeterminato di persone, il reato non sussiste (cioè non viene commesso nessun
reato).
Con tale sentenza è stato assolto il proprietario di un cane i cui ululati disturbavano solo il suo vicino di casa e non una pluralità di persone, come stabilito dall’art. 659 c.p.
Già un anno prima la suprema Corte di Cassazione si era pronunciata in merito ad un caso analogo annullando, con sentenza n° 1109 del 09 Dicembre del 1999, una sentenza della Corte di Appello di
Bologna la quale condannava al pagamento di un’ammenda di 300.000 lire (allora in vigore), e a 3 milioni di lire di risarcimento del danno, il proprietario di un cane resosi responsabile, agli
occhi della Corte di Appello di Bologna, di non aver impedito al proprio cane di abbaiare, evitando quindi, di disturbare il riposo delle persone dimoranti nei pressi della sua abitazione.
In questo caso la Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Appello di Bologna “perché il fatto non sussiste”, cioè non costituisce reato, ed ha stabilito, inoltre, che “per la
configurazione del reato di disturbo del riposo e delle occupazioni, è necessario che i lamentati rumori abbiano attitudine a propagarsi ed a costituire un disturbo per una potenzialità di
persone, ancorché non tutte siano state poi disturbate”; è necessario, continua la sentenza, “che i rumori siano obbiettivamente idonei ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero
indeterminato di persone”.
Per ciò che riguarda il comportamento omissivo del proprietario del cane, il quale non è intervenuto per far cessare Fido di abbaiare, la Cassazione ritiene che si possa parlare di illecito civile e
non certo di reato penale.
Restando in tema di responsabilità del proprietario di fido, il quale con atteggiamento omissivo non interviene prontamente a far cessare il cane di abbaiare, la giurisprudenza compie passi
avanti.
Mi piace citare, in merito, una importantissima sentenza del tribunale di Trapani, questa volta datata anno 2002, la quale ha rovesciato quella che fino ad oggi era una prassi seguitissima dai
giudici di mezza Italia i quali, spesso, ritenevano il proprietario di Fido responsabile per il disturbo arrecato ai vicini dal suo continuo abbaiare.
Il Giudice del Tribunale di Trapani Dr. Franco Messina con una sentenza che ha dell’incredibile, ha stabilito che non si può impedire ad un cane di abbaiare!
Con tale sentenza è stato assolto il padrone di un cane che era stato querelato dal suo vicino di casa per non aver impedito al suo cane di abbaiare.
Una vecchia sentenza della Corte di Cassazione datata 1998 n° 1406 stabilisce che: “per essere penalmente sanzionabile ex art. 659 c.p., la condotta di chi produce rumori e schiamazzi deve
incidere sulla tranquillità pubblica” pertanto, continua la sentenza “il reato non sussiste ove i rumori disturbino i soli occupanti di un appartamento all’interno del quale sono percepiti, e non
da altri abitanti del condominio in cui è inserita detta abitazione, ovvero da persone che si trovano nelle zone circostanti. In questo caso non sí ha un effettivo disturbo della tranquillità e
del riposo di un numero indeterminato di persone, ma soltanto quello di un numero ben definito, sicché si può parlare, se mai, di illecito civile e non certo di reato penale”.
Per concludere vi lascerò un piccolissimo elenco di sentenze della Corte di Cassazione (sez. penale) che negli anni hanno affermato il diritto di abbaiare dei nostri amici a quattro zampe; ma per
non essere ripetitiva, citerò il numero e l’anno in cui sono state emesse: sentenza n° 3348 del 28 marzo del 1995; sentenza n° 5578 del 04 Giugno 1996; sentenza n° 3000 del 28 Marzo 1997.
Se state pensando che si tratti di vecchie sentenze e per tale motivo non abbian alcun valore, vi sbagliate!
Una sentenza della Corte di Cassazione, per quanto vecchia essa possa essere, avrà sempre un peso nel convincimento di un giudice.
Spero di essere stata di aiuto a quanti di voi si trovino in tali situazioni; vorrei ricordare, però, a tutti i
proprietari di Fido, che un cane che abbaia incessantemente non è un cane
sereno.
Prestate più attenzione al modo di comunicare del vostro amico; non lasciatelo per troppo tempo da solo,
magari chiuso sul balcone; fatelo correre nei parchi, sulle spiagge; lasciate che socializzi con altri cani.
Spesso il cane che abbaia al solo muoversi di una foglia o alla vista di un altro suo simile è un cane annoiato e stressato.
Non ho altro da aggiungere, se non augurarvi buona fortuna; non è facile educare un animale, ma con un po’ di buona volontà, amore e tanta, tanta pazienza si possono raggiungere buoni
risultati.
CODICE PENALE - Gli articoli che più interessano la tutela degli animali
Importante Il maltrattamento degli animali è un REATO, previsto e punito dgliartt. 544 ter e 727 del c.p. e non si tratta più solo di un "delitto contro il patrimonio" (cioè il bene protetto è la proprietà privata dell'animale da parte di un proprietario), come è previsto dall'art. 638 (Uccisione o danneggiamento di animali altrui).
La differenza è stata chiarita
dalla Cassazione (sentenza n. 24734/2010), che sancisce come il delitto di cui all'art. 544 ter c.p., tutela ora il sentimento per gli animali: con l'art. 638 l'animale era tutelato quale
"proprietà" di un terzo soggetto, che risultava essere la parte offesa; ma con l'art. 544 ter, è riconosciuta una condotta lesiva nei confronti dell'animale stesso.
Forniamo anche il riferimento ad articoli relativi a DANNI O DISTURBI CAGIONATI DA ANIMALI (sempre meglio conoscere anche questi).
Art. 500
Diffusione di malattia degli animali
Chiunque cagiona la diffusione di una malattia alle piante o agli animali, pericolosa all'economia rurale o forestale, ovvero al patrimonio zootecnico della nazione, è punito con la reclusione da
uno a cinque anni.
Se la diffusione avviene per colpa, la pena è della multa da euro 103 a euro 2.065.
(Con la Legge 189/2004, dopo il titolo IX del libro II del Codice Penale è inserito quanto segue fino all'art. 544 sexies. In aggiunta, alcune modifiche sono state attuate (vedai parti barrate - dalla L. 201/2010 di "Ratifica Convenzione europea protezione animali da compagnia")
TITOLO IX-BIS - DEI DELITTI CONTRO IL SENTIMENTO PER GLI ANIMALI
Art. 544-bis. (Uccisione di
animali)
1. Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi quattro mesi a due anni.
Art. 544-ter.
(Maltrattamento di animali)
1. Chiunque, per crudeltà o senza necessità,
cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre
mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale.
Art. 544-quater. (Spettacoli o
manifestazioni vietati)
1. Salvo che il fatto costituisca più grave
reato, chiunque organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa da 3.000 a.
15.000 euro.
La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in relazione all'esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto per sè od altri ovvero se
ne deriva la morte dell'animale.
Art. 544-quinquies.(Divieto di
combattimenti tra animali)
1. Chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l'integrità fisica è punito con la reclusione da uno a tre anni
e con la multa da 50.000 a 160.000 euro. La pena è aumentata da un terzo alla metà:
1) se le predette attività sono compiute in concorso con minorenni o da persone armate;
2) se le predette attività sono promosse utilizzando videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni;
3) se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle competizioni.
2. Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina sotto qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di
cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica anche ai proprietari o ai detentori degli animali impiegati
nei combattimenti e nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti.
3. Chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è
punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
Art. 544-sexies.
(Confisca e pene accessorie)
1. Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 544-ter, 544-quater
e 544-quinquies, è sempre ordinata la confisca dell'animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato.
E' altresì disposta la sospensione da tre mesi a tre anni dell'attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su
richiesta è pronunciata nei confronti di chi svolge le predette attività. In caso di recidiva è disposta l'interdizione dall'esercizio delle attività medesime.
DANNI O DISTURBI CAUSATI DA ANIMALI
Art. 638 UCCISIONE O
DANNEGGIAMENTO DI ANIMALI ALTRUI
1. Chiunque senza necessità uccide o rende inservibili o comunque deteriora animali che appartengono ad altri è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a querela della persona
offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 309.
2. La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o
equini, anche non raccolti in mandria.
2. Non è punibile chi commette il fatto sopra volatili sorpresi nei fondi da lui posseduti e nel momento in cui gli recano danno.
Art. 659 DISTURBO DELLE
OCCUPAZIONI O DEL RIPOSO DELLE PERSONE
1. Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il
riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309.
2. Si applica l'ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'autorità.
Art. 672 OMESSA CUSTODIA E
MALGOVERNO DI ANIMALI
Chiunque lascia liberi, o non custodisce con le debite cautele, animali pericolosi da lui posseduti, o ne affida la custodia a persona inesperta, è punito con la sanzione amministrativa da lire
euro 25 a euro 258. (1)
Alla stessa pena soggiace:
1) chi, in luoghi aperti, abbandona a se stessi animali da tiro, da soma o da corsa, o li lascia comunque senza custodia, anche se non siano disciolti, o li attacca o conduce in modo da esporre a
pericolo l'incolumità pubblica, ovvero li affida a persona inesperta;
2) chi aizza o spaventa animali, in modo da mettere in pericolo l'incolumità delle persone.
NOTA
(1) Secondo l’art. 83 del D.P.R. 320/1954, "Regolamento di polizia veterinaria": nelle vie e in qualunque altro luogo aperto al pubblico, i cani quando non siano condotti a guinzaglio,
debbono portare la museruola che corrisponda ai requisiti prescritti dai regolamenti locali di igiene (eccetto quanto di norma disposto per cani da guardia, da pastore da caccia, per
persone non vedenti). Si ritiene vagante un cane trovato libero sulla pubblica strada anche se a 1 solo m. dall'abitazione del proprietario (Cass. 14 novembre 1961)
Nel caso di condanna, o di applicazione delle pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 544-ter, 544-quarter e 544-quinquies, è sempre ordinata la confisca dell'animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato.
È altresì disposta la sospensione da tre mesi a tre anni dell'attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta è pronunciata nei confronti di chi svolge le predette attività. In caso di recidiva è disposta l'interdizione dall'esercizio delle attività medesime.
L’art. 727 c.p., così come modificato della l. n. 473 del 1993, prevedeva la confisca obbligatoria degli
animali maltrattati solo nelle ipotesi di maltrattamento aggravato contemplate al suo II comma, e cioè qualora il fatto fosse commesso con mezzi particolarmente dolorosi, quali le modalità del
traffico, del commercio, del trasporto, dell’allevamento, della mattazione o di uno spettacolo di animali, ovvero qualora derivasse dal maltrattamento stesso la morte dell’animale.
L’istituto della confisca obbligatoria è oggi invece previsto dall’art. 544-sexies c.p., nel caso di condanna o
di applicazione delle pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 c.c.p, e salvo che l’animale appartenga a persona estranea al reato, per tutti i delitti, aggravati o meno, contemplati
al Titolo IX-bis c.p., con sola esclusione di quello previsto all’art. 544-bis c.p. (Uccisione di animali).
L’esclusione medesima, dovuta alla ritenuta insensatezza di rendere obbligatoria l’apprensione di un animale ormai morto, esclude tuttavia, invero in modo poco opportuno, la possibilità di
adottare il provvedimento ablatorio nei casi di condanna o patteggiamento per l’uccisione tentata.
Sarà poi certamente possibile, prima della condanna o dell’applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p., il sequestro preventivo dell’animale, poiché, in forza del II comma dell’art. 321 c.p.p., è sempre consentito al giudice disporre il sequestro preventivo delle cose di cui è consentita la confisca.
Gli animali oggetto di sequestro (nel corso delle indagini preliminari) o di confisca (successivamente alla sentenza di condanna od all’applicazione di pena su richiesta delle parti), in forza del disposto del nuovo art. 19-quater disp. coord. etrans.c.p. – introdotto dall’art. 3 della l. 189 del 2004, saranno affidati alle associazioni o agli enti che ne facciano richiesta, e individuati con decreto del Ministro della salute adottato di concerto con il Ministro dell’interno.
L’art. 727 c.p., antecedente la riforma del 2004, disegnava, ai suoi commi III, IV e V, un complesso e variegato apparato di pene accessorie, prevedendo le stesse a volte in relazione a singole sottofattispecie in esso contemplate, altre in riferimento a fattispecie aggravate, od ancora laddove si verificassero alcune ipotesi di recidiva. A fronte della sua complessità, tuttavia, questo serraglio di pene accessorie vedeva vanificata nella sostanza la sua efficacia deterrente a causa dell’agevole oblabilità, ex art. 162 c.p., del reato contemplato dall’art. 727 c.p. (contravvenzione punita con la sola ammenda).
Tali pene, ad eccezione di quella della “pubblicazione della sentenza”, sono state riprese dal legislatore del 2004 e poste oggi in riferimento a tutti i delitti di cui al Titolo IX-bis c.p., con apparente ed esclusiva esclusione dell’art. 544-bis c.p. Oggi, dunque, esse non potranno più essere vanificate dal meccanismo estintivo dell’oblazione.
L’art. 544-sexies c.p. prevede “la sospensione da tre mesi a tre anni dell’attività di trasporto, commercio o allevamento degli animali”, in caso di sentenza di condanna o di patteggiamento per i delitti previsti agli artt. 544-ter, 544-quarter e 544-quinquies, laddove esse siano pronunciate nei confronti di chi svolga le predette attività, e contempla, altresì, che sia disposta, in caso di recidiva, l'interdizione dall'esercizio delle attività medesime. Il termine “sospensione” dovrà riferirsi qui non alle “attività”, bensì, più correttamente, alla licenza o ad altro analogo provvedimento amministrativo eventualmente necessario per svolgere le attività summenzionate.
La pena della “sospensione dall’esercizio di una professione” è stata infatti estrapolata dalla precedente contravvenzione di maltrattamento di animali (art. 727 c.p. ante riforma) ed è stata fatta aderire qui, distrattamente, ad ipotesi delittuose che, in quanto tali, secondo il disposto dell’art. 19 c.p., non prevedono tra le proprie pene accessorie quella della “sospensione”, bensì solo quella dell’“interdizione” da una professione.
Nonostante, poi, il disposto dell’art. 544-sexies c.p. non sia immediatamente intelligibile sul punto, pare
debba ritenersi che, in ossequio al principio di legalità, le pene in esso contemplate debbano
riferirsi esclusivamente agli artt. 544-ter, 544-quater e 544-quinquies c.p. e non anche all’art. 544-bis c.p., che non viene espressamente menzionato.
La soluzione legislativa adottata, invero, sembra alquanto irragionevole poiché non è dato capire per quale motivo le suddette pene possano accedere ad un delitto quale il maltrattamento di animali (art. 544-ter c.p.) e non anche a quello, più grave, d’uccisione dei medesimi (appunto previsto all’art. 544-bis c.p.).
In merito alla durata delle pene di cui si discute, occorre ricordare, poi, che mentre quella della “sospensione dall’attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali” viene espressamente fissata dall’art. 544-sexies c.p. entro un intervallo temporale compreso tra “i tre mesi e i tre anni”, nulla viene detto dal medesimo articolo circa la durata dell’interdizione dalle attività medesime in caso di recidiva.
La dottrina dominante è propensa a ritenere che soccorra, in questo caso, la previsione generale di cui all’art. 37 c.p., in base alla quale, quando la legge stabilisce che la condanna importi una pena accessoria temporanea, e la durata di questa non sia espressamente determinata, quest’ultima debba avere una durata uguale a quella della pena principale inflitta, salvi i limiti minimi e massimi stabiliti per ciascuna specie di pena accessoria.
Non mancano, tuttavia, voci che sottolineano come, in aderenza alle apparenti intenzioni del legislatore, la pena dell’interdizione dovrebbe più correttamente intendersi come perpetua348.
Articolo 733 bis Distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto (1).
Chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge un habitat all'interno di un sito protetto o comunque lo deteriora compromettendone lo stato di conservazione, è punito con l'arresto fino a diciotto mesi e con l'ammenda non inferiore a 3.000 euro.
IL MINISTRO DELLA SALUTE
Visto l'articolo 32 della Costituzione;
Visto il Regolamento di polizia veterinaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 e successive modificazioni;
Visto l'articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni;
Vista la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia,fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, ratificata dall'Italia con la legge 4 novembre 2010, n. 201, recante «Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, nonche' norme di adeguamento dell'ordinamento interno»;
Vista la legge 14 agosto 1991, n. 281, concernente «Legge quadro in materia di animali d'affezione e prevenzione del randagismo», e successive modificazioni;
Visto l'articolo 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modificazioni;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 febbraio 2003, concernente il «Recepimento dell'accordo tra il
Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 6 febbraio 2003, recante disposizioni in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 4 marzo 2003, n. 52;
Visti gli articoli 544-ter, 650 e 727 del codice penale;
Vista l'ordinanza del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali del 3 marzo 2009 concernente «Tutela
dell'incolumità' pubblica dall'aggressione dei cani», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 marzo 2009, n. 68;
Visto il decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali del 26 novembre 2009, recante percorsi formativi per i proprietari dei cani, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 25 gennaio 2010, n. 19;
Vista l'ordinanza del Ministro della salute del 22 marzo 2011, «Differimento del termine di efficacia e modificazioni dell'ordinanza del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali del 3 marzo 2009 concernente la tutela dell'incolumita' pubblica dall'aggressione dei cani», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 13 maggio 2011,n. 10;
Vista l'ordinanza del Ministro della salute del 4 agosto 2011, «Integrazioni all'ordinanza del Ministro del lavoro,della salute e delle politiche sociali 3 marzo 2009,concernente la tutela dell'incolumità' pubblica dall'aggressione dei cani,come modificata dall'ordinanza del Ministro della salute 22 marzo 2011»,pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'8 settembre 2011, n. 209;
Considerato che continua a sussistere la necessita' di adottare disposizioni cautelari volte alla tutela dell'incolumita'pubblica dall'aggressione dei cani a causa del verificarsi di incidenti soprattutto in ambito domestico legati alla non corretta gestione degli animali da parte dei proprietari;
Ritenuto necessario, in attesa dell'emanazione di una disciplina normativa organica in materia, rafforzare il sistema di prevenzione del rischio di aggressione da parte di cani basato non solo sull'imposizione di divieti e obblighi per i proprietari e detentori di cani ma anche sulla formazione degli stessi per migliorare la loro capacita' di gestione degli animali;
Considerato al riguardo che il Consiglio dei Ministri nella seduta del 26 luglio 2013 ha approvato un disegno di legge recante, tra l'altro, delega per la disciplina della tutela dell'incolumità' personale dall'aggressione di cani (art. 21);
Ritenuto pertanto di determinare la durata dell'efficacia della presente ordinanza in 12 mesi,stante la pendenza dell'iter del predetto d.d.l.;
Visto il decreto ministeriale 8 luglio 2013, recante delega di attribuzioni del Ministro della salute al Sottosegretario di Stato On.le Paolo Fadda,
Roma, 6 agosto 2013
p. il Ministro
il Sottosegretario di Stato
Fadda
Registrato alla Corte dei conti il 27 agosto 2013
http://www.brocardi.it/codice-penale/libro-primo/titolo-viii/capo-ii/art240.html
Dispositivo dell'art. 240 Codice Penale
Fonti → Codice Penale → LIBRO PRIMO - Dei reati in generale → Titolo VIII - Delle misure amministrative di sicurezza (Artt. 199-240) → Capo II - Delle misure di sicurezza patrimoniali
Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto [c.p.p. 676, 733 2, 316 e segg., 321 e segg., 86 disp. att. c.p.p.] (1).
È sempre ordinata la confisca (2):
1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
1bis) dei beni e degli strumenti informatici o telematici che risultino essere stati in tutto o in parte utilizzati per la commissione dei reati di cui agli articoli 615 ter, 615 quater, 615 quinquies, 617 bis, 617 ter, 617 quater, art. 617 quinquies del
c.p., 617 sexies, 635 bis, 635 ter, 635 quater, 635 quinquies, 640 ter e 640 quinquies (3).
2) delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione e l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna (4).
Le disposizioni della prima parte e dei numeri 1 e 1 bis del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato (5). La disposizione del numero 1-bis del capoverso precedente si applica anche nel caso di applicazione
della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale (6).
La disposizione del numero 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione possono essere consentiti mediante
autorizzazione amministrativa [c.p.p. 676] (7).
Note
(1) La misura di sicurezza della confisca consiste sostanzialmente nell'espropriazione
forzata e gratuita a favore dello stato ed in materia urbanistica a favore del patrimonio del Comune, di tutte le cose che costituiscono il prezzo del reato, che sono servite a commettere il
reato, di quelle ch ne sono il prodotto e il profitto, nonchè di quelle che sono di per sè criminose. Tale misura può essere facoltativa o obbligatoria.
La confisca facoltativa è decisa dal giudice sulla base di un giudizio di pericolosità che, deve tenere conto dell'effetto induttivo determinato nel colpevole dalla disponibilità della
res.
(2) La confisca è obbligatoria si realizza quando la pericolosità è intrinseca alla res e quindi il giudice non è chiamato al giudizio invece necessario per la confisca facoltativa.
(3) Il numero 1 bis non appartiene alla formulazione originaria della disposizione, in quanto è stato aggiunto successivamente dalla legge 15 febbraio 2012, n. 12, recante nuove disposizioni in materia di misure per il contrasto ai fenomeni di criminalita' informatica.
(4) Le ipotesi di confisca obbligatoria comprendono i casi in casi fabbricare, usare, portare, detenere o alienare certe cose costituisce costituiscono di per sé reato oppure, se anche non vietate in assoluto, sono subordinate ad un'autorizzazione poi mancante.
(5) Tale comma è stato così sostituito dalla legge 15 febbraio 2012, n. 12 recante nuove disposizioni in materia di misure per il contrasto ai fenomeni di criminalita' informatica.
(6) Si ricordi poi che sono previste ulteriori ipotesi di confisca all'interno del codice
penale, non contemplate specificatamente nella norma in esame. Per chiarire si pensi agli articoli 322ter, 335bis,
644, 722, 733.
La legislazione prevede poi, dal canto suo, delle ipotesi di confisca, come ad esempio: art. 21, l. 10 ottobre 1981, n. 689 (Confisca del veicolo per il quale non sia stato pagato il premio
assicurativo); art. 6, l. 22 maggio 1975, n. 152 (Confisca di armi); art. 23, l. 18 aprile 1975, n. 110 (Confisca di armi clandestine); art. 87, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Confisca di
sostanze stupefacenti).
Infine, anche il codice di procedura penale prevede la confisca nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444, per taluno dei delitti previsti.
(7) L'espressione "la cosa appartiene a persona estranea al reato" si ritiene debba intendersi quale concetto ampio di appartenenza, non quindi ristretto alla sola proprietà, ma comprensivo anche dei terzi titolari di diritti reali di godimento e di garanzia.
http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=969&area=cani&menu=benessere
Affidamento di animali sequestrati o confiscati
La legge 20 luglio 2004, n. 189, recante “disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate”, con l’art. 1 ha:
inserito nel codice penale il titolo IX bis - dei delitti contro il sentimento per gli animali - che contempla i seguenti reati:
uccisione di animali;
maltrattamento di animali;
impiego di animali in spettacoli o manifestazioni vietate;
impiego di animali in combattimenti;
stabilito che, in caso di condanna per i delitti di cui al punto 1, deve sempre essere disposta la confisca dell’animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato;
modificato l’art. 727 dello stesso codice, concernente l’abbandono e la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura.
Sebbene l’art. 727 c.p non preveda uno specifico provvedimento di confisca, la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, risultando reato, rientra nell’ipotesi di cui all’art. 240, comma 2, n. 2 del codice penale, per il quale deve sempre essere ordinata la confisca degli animali la detenzione dei quali costituisce reato, a meno che essi non appartengano a persone estranee.
Il codice di procedura penale, inoltre, prevede il sequestro degli animali che, in relazione alle finalità, si configura come:
sequestro preventivo, ex art. 321, per salvaguardarne le condizioni di salute e il benessere;
sequestro probatorio, ex art. 354, nel caso si debba procedere ad accertamenti sanitari per acquisire elementi di prova.
Gli animali oggetto di provvedimenti di sequestro o di confisca sono affidati ad associazioni o enti che ne facciano richiesta, individuati in conformità al decreto del Ministro della Salute 2 novembre 2006, adottato di concerto con il Ministro dell' Interno.
Le associazioni e gli enti interessati devono inoltrare domanda al Ministero della Salute - Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari - Ufficio VI - Viale Giorgio Ribotta, 5 - 00144 Roma.
Le domande di cui sopra devono essere corredate dalla seguente documentazione:
atto costitutivo;
statuto;
sede legale;
codice fiscale;
iscrizione alla Camera di commercio, se prevista;
elenco delle strutture operative territoriali che si intendono utilizzare per il ricovero degli animali;
dichiarazione di idoneità per ogni struttura operativa territoriale, rilasciata dal servizio veterinario dall’azienda sanitaria locale competente per territorio *;
numero degli associati;
relazione sulle attività già svolte;
riconoscimenti ottenuti da amministrazioni pubbliche o private.
* Le dichiarazioni di idoneità delle strutture operative territoriali da parte del servizio veterinario competente per territorio hanno validità di sei mesi dalla data di rilascio, ai sensi dell’art. 41 del D.P.R. 445/2000 - "Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa”
Idoneità delle strutture operative territoriali
Per idoneità delle strutture operative territoriali si intende sia la conformità degli spazi e dei manufatti alle esigenze e alle caratteristiche etologiche degli animali ospitati che la capacità operativa delle stesse finalizzata alla tutela del loro benessere.
Le strutture operative territoriali sono sottoposte annualmente alla verifica della permanenza dei requisiti di idoneità ad opera dei servizi veterinari competenti per territorio.
In caso di perdita dei requisiti di idoneità, il servizio veterinario informa il Ministero della Salute - Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari.
Sostegno alle Associazioni e agli Enti riconosciuti
Le entrate derivanti dalle sanzioni pecuniarie di cui alla legge 20 luglio 2004, n. 189, modificate dalla legge 4 novembre 2010, n. 201, recante “ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta e Strasburgo il 13 novembre 1987, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno” sono destinate, nei limiti della somma disponibile, alle Associazioni e agli Enti riconosciuti in conformità al Decreto Ministeriale 2 novembre 2006, per le attività svolte, tenuto conto delle specie e del numero degli animali affidati.
Conto corrente postale per riscossione delle sanzioni pecuniarie
Il pagamento delle sanzioni pecuniarie previste dalla legge 189/2004, modificate dalla legge 201/2010, deve essere effettuato mediante versamento sul conto corrente postale n. 1282383, intestato alla Tesoreria provinciale di Viterbo.
http://sicurezzapubblica.wikidot.com/confisca-obbligatoria-di-animali
Confisca obbligatoria di animali
Nel caso di condanna, o di applicazione delle pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 544-ter, 544-quarter e 544-quinquies, è sempre ordinata la confisca dell'animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato. È altresì disposta la sospensione da tre mesi a tre anni dell'attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta è pronunciata nei confronti di chi svolge le predette attività. In caso di recidiva è disposta l'interdizione dall'esercizio delle attività medesime.
L’art. 727 c.p., così come modificato della l. n. 473 del 1993, prevedeva la confisca obbligatoria degli
animali maltrattati solo nelle ipotesi di maltrattamento aggravato contemplate al suo II comma, e cioè qualora il fatto fosse commesso con mezzi particolarmente dolorosi, quali le modalità del
traffico, del commercio, del trasporto, dell’allevamento, della mattazione o di uno spettacolo di animali, ovvero qualora derivasse dal maltrattamento stesso la morte dell’animale.
L’istituto della confisca obbligatoria è oggi invece previsto dall’art. 544-sexies c.p., nel caso di condanna o di applicazione delle pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 c.c.p, e
salvo che l’animale appartenga a persona estranea al reato, per tutti i delitti, aggravati o meno, contemplati al Titolo IX-bis c.p., con sola esclusione di quello previsto all’art. 544-bis c.p.
(Uccisione di animali).
L’esclusione medesima, dovuta alla ritenuta insensatezza di rendere obbligatoria l’apprensione di un animale ormai morto, esclude tuttavia, invero in modo poco opportuno, la possibilità di
adottare il provvedimento ablatorio nei casi di condanna o patteggiamento per l’uccisione tentata. Sarà poi certamente possibile, prima della condanna o dell’applicazione della pena su richiesta
ex art. 444 c.p.p., il sequestro preventivo dell’animale, poiché, in forza del II comma dell’art. 321 c.p.p., è sempre consentito al giudice disporre il sequestro preventivo delle cose di cui è
consentita la confisca.
Gli animali oggetto di sequestro (nel corso delle indagini preliminari) o di confisca (successivamente alla sentenza di condanna od all’applicazione di pena su richiesta delle parti), in forza del disposto del nuovo art. 19-quater disp. coord. e trans.c.p. – introdotto dall’art. 3 della l. 189 del 2004, saranno affidati alle associazioni o agli enti che ne facciano richiesta, e individuati con decreto del Ministro della salute adottato di concerto con il Ministro dell’interno.
L’art. 727 c.p., antecedente la riforma del 2004, disegnava, ai suoi commi III, IV e V, un complesso e variegato apparato di pene accessorie, prevedendo le stesse a volte in relazione a singole sottofattispecie in esso contemplate, altre in riferimento a fattispecie aggravate, od ancora laddove si verificassero alcune ipotesi di recidiva.
A fronte della sua complessità, tuttavia, questo serraglio di pene accessorie vedeva vanificata nella sostanza la sua efficacia deterrente a causa dell’agevole oblabilità, ex art. 162 c.p., del reato contemplato dall’art. 727 c.p. (contravvenzione punita con la sola ammenda).
Tali pene, ad eccezione di quella della “pubblicazione della sentenza”, sono state riprese dal legislatore del 2004 e poste oggi in riferimento a tutti i delitti di cui al Titolo IX-bis c.p., con apparente ed esclusiva esclusione dell’art. 544-bis c.p.
Oggi, dunque, esse non potranno più essere vanificate dal meccanismo estintivo dell’oblazione.
L’art. 544-sexies c.p. prevede “la sospensione da tre mesi a tre anni dell’attività di trasporto, commercio o allevamento degli animali”, in caso di sentenza di condanna o di patteggiamento per i delitti previsti agli artt. 544-ter, 544-quarter e 544-quinquies, laddove esse siano pronunciate nei confronti di chi svolga le predette attività, e contempla, altresì, che sia disposta, in caso di recidiva, l'interdizione dall'esercizio delle attività medesime.
Il termine “sospensione” dovrà riferirsi qui non alle “attività”, bensì, più correttamente, alla licenza o ad altro analogo provvedimento amministrativo eventualmente necessario per svolgere le attività summenzionate.
La pena della “sospensione dall’esercizio di una professione” è stata infatti estrapolata dalla precedente contravvenzione di maltrattamento di animali (art. 727 c.p. ante riforma) ed è stata fatta aderire qui, distrattamente, ad ipotesi delittuose che, in quanto tali, secondo il disposto dell’art. 19 c.p., non prevedono tra le proprie pene accessorie quella della “sospensione”, bensì solo quella dell’“interdizione” da una professione.
Nonostante, poi, il disposto dell’art. 544-sexies c.p. non sia immediatamente intelligibile sul punto, pare
debba ritenersi che, in ossequio al principio di legalità, le pene in esso contemplate debbano riferirsi esclusivamente agli artt. 544-ter, 544-quater e 544-quinquies c.p. e non anche all’art.
544-bis c.p., che non viene espressamente menzionato.
La soluzione legislativa adottata, invero, sembra alquanto irragionevole poiché non è dato capire per quale motivo le suddette pene possano accedere ad un delitto quale il maltrattamento di animali (art. 544-ter c.p.) e non anche a quello, più grave, d’uccisione dei medesimi (appunto previsto all’art. 544-bis c.p.). In merito alla durata delle pene di cui si discute, occorre ricordare, poi, che mentre quella della “sospensione dall’attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali” viene espressamente fissata dall’art. 544-sexies c.p. entro un intervallo temporale compreso tra “i tre mesi e i tre anni”, nulla viene detto dal medesimo articolo circa la durata dell’interdizione dalle attività medesime in caso di recidiva.
La dottrina dominante è propensa a ritenere che soccorra, in questo caso, la previsione generale di cui all’art. 37 c.p., in base alla quale, quando la legge stabilisce che la condanna importi una pena accessoria temporanea, e la durata di questa non sia espressamente determinata, quest’ultima debba avere una durata uguale a quella della pena principale inflitta, salvi i limiti minimi e massimi stabiliti per ciascuna specie di pena accessoria.
Non mancano, tuttavia, voci che sottolineano come, in aderenza alle apparenti intenzioni del legislatore, la pena dell’interdizione dovrebbe più correttamente intendersi come perpetua348.
OMESSA CUSTODIA E MAL GOVERNO DELL’ANIMALE
Dispositivo dell'art. 672 Codice Penale
Fonti → Codice Penale → LIBRO TERZO - Delle contravvenzioni in particolare → Titolo I - Delle contravvenzioni di polizia (art 650-730) → Capo I - Delle contravvenzioni concernenti la polizia di sicurezza → Sezione II - Delle contravvenzioni concernenti l'incolumità pubblica
Chiunque lascia liberi, o non custodisce con le
debite
cautele, animali
pericolosi da lui posseduti, o ne affida la
custodia a persona inesperta, è punito con la sanzione amministrativa da venticinque euro a duecentocinquantotto euro.
Alla stessa sanzione soggiace:
1) chi, in luoghi aperti, abbandona a se stessi animali da tiro, da soma o da corsa, o li lascia comunque senza custodia, anche se non siano disciolti, o li attacca o conduce in modo da esporre a
pericolo l'incolumità pubblica, ovvero li affida a persona inesperta;
2) chi aizza o spaventa animali, in modo da mettere in pericolo l'incolumità delle persone
Note
(1) Il soggetto attivo deve avere la disponibilità effettiva dell'animale, per cui non si considera tale il padrone che abbia affidato l'animale ad un terzo.
(2) La pericolosità dell'animale non si presume, ma si desume da una serie di condizioni che li rendono pericolosi se non custoditi.
Normative
Hai incontrato un cane randagio?
La legge 281 ed il Regolamento di Polizia Veterinaria stabiliscono che i canili sanitari siano le sole strutture autorizzate al ritiro dei cani vaganti sul territorio sprovvisti di guinzaglio e museruola.
Chiunque rinvenga un cane vagante deve consegnarlo al più presto al canile competente per territorio.
Se il rinvenimento accade durante gli orari di chiusura della struttura (o in giorni festivi), il cittadino deve provvedere a custodire l'animale fino al giorno dopo, salvo nel caso in cui l'animale sia ferito o gravemente malato: in questo caso il cittadino deve avvisare la Polizia Municipale richiedendo di fare intervenire il Veterinario ASL che deve provvedere a far ritirare il cane in canile ed a prestargli le cure necessarie.
Il Servizio Veterinario della ASL è operativo 24 ore su 24.
Se per qualsiasi motivo il cittadino abbia intenzione di tenere il cane fino al rinvenimento del proprietario, egli deve segnalare il
ritrovamento al competente Servizio Veterinario della ASL per evitare di incorrere nell'ipotesi di reato di appropriazione indebita.
Ordinanza dei cani pericolosi:
Il 6 agosto 2013 è stata emanata l’ordinanza contro i cani c.d. pericolosi.
Il sottosegretario alla Salute, Francesca Martini, ha presentato le nuove misure “sulla tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani”, che puntano all’educazione, alla formazione e alla responsabilizzazione dei proprietari, mentre non ci sarà nessuna lista nera delle razze pericolose.
A differenza del precedente provvedimento (emanato dall’ex ministro della Salute Livia Turco, e scaduto a gennaio 2009) non ci sarà però nessuna lista delle razze pericolose, perché ogni cane potrebbe essere potenzialmente rischioso, e si punterà soprattutto sulla prevenzione e la formazione dei proprietari, che saranno responsabili sia a livello civile che penale dell’animale.
Gli obblighi per i proprietari possono riassumersi in queste poche righe:
1) utilizzare sempre il guinzaglio, non più lungo di un metro e mezzo, nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico, escluse le aree per cani,
2) portare con sé una museruola da
usare in caso di rischio per l’incolumità di persone o animali;
3) affidare il cane a persone in
grado di gestirlo correttamente
4) quando si compra un cane, avere
tutte le informazioni sulle sue caratteristiche fisiche ed etologiche;
5) assicurare che il cane abbia un comportamento adeguato nella convivenza con persone e animali.
Sarà vietato il possesso di cani ai <<delinquenti abituali o per tendenza; a chi è sottoposto a misure di prevenzione personale o a misura di sicurezza personale; a chiunque abbia riportato condanna, anche non definitiva, per delitto non colposo contro la persona o contro il patrimonio, punibile con la reclusione superiore a due anni>>. Vietato il possesso anche ai minori di 18 anni.
Viene definitivamente abolita la lista nera delle diciassette razze più pericolose, stabilita dalla precedente ordinanza Turco. Il Codacons, assieme a molte altre associazioni dei consumatori, da tempo chiedeva che l’elenco fosse ampliato fino a comprendere razze come il mastino napoletano, il cane corso e il dobermann.
Ma adesso, eliminata la lista, questa richiesta cade nel vuoto.
Viene fatto divieto di ogni metodo di educazione all’attacco che stimoli l’aggressività come l’utilizzo di manicotti e bastoni e viene sancito l’obbligo di assicurare un controllo pieno dell’animale sia in ambito pubblico che domestico.
Tra le altre novità contenute nel
documento c’è il conseguimento di un apposito “patentino” rilasciato dopo aver frequentato presso i servizi veterinari delle Asl corsi di educazione degli amici a quattro zampe. Il patentino
dovrà essere preso solo dai proprietari dei “cani impegnativi” (art. 5), una definizione generica che lascia ai Servizi Veterinari la possibilità – sulla base dell’Anagrafe canina regionale – di
decidere quali proprietari devono sottoporsi a quest’obbligo.
Tutti i costi per il patentino saranno a carico del proprietario.
I veterinari saranno chiamati a segnalare alle Asl le situazioni di potenziale pericolo e i cani che hanno già dato qualche segno di aggressività saranno inseriti in un apposito registro e scatterà per loro l’obbligo della museruola nonché la sottoscrizione di una polizza per danni conto terzi.
La nuova ordinanza introduce l’obbligo del guinzaglio lungo massimo 1,5 metri per tutti i cani ma non quello della museruola, che però va sempre portata appresso e indossata in caso di bisogno.
In base al Regolamento vigente di Polizia Veterinaria (Dpr n.320 del 1954 articolo 83) <<il cane deve essere condotto nei luoghi pubblici all’aperto obbligatoriamente o con il guinzaglio o con la museruola mentre nei locali pubblici e nei mezzi di trasporto è obbligatorio l’uso contestuale di guinzaglio e museruola>>.